Pagina:Barzini - Dal Trentino al Carso, 1917.djvu/299

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il bombardamento 289


quale immensa mole di studio e di lavoro esso rappresenti, quali rigide leggi conducano la distruzione. Per ogni nuovo attacco la preparazione deve ricominciare su nuovi calcoli; tutto si sposta; tutto cambia. Ecco perchè non si dà ogni giorno un «colpo di spalla». L’attacco è la resultante di quesiti innumerevoli. Quando tutto è pronto, bisogna spesso aspettare che sia pronto il tempo, che l’aria abbia determinate trasparenze.

Oggi il cielo è magnifico. Da mesi non avevamo avuto un così fulgido giorno di sole. Si vedono lontano le punte nevose delle Alpi Giulie, leggere e diafane come nuvolette candide e strane. L’Istria, azzurra e pallida, si distende nel mare, che par fatto di luce, e dilegua in evanescenze di bruma. Solo il Carso è velato, oscuro, torvo, coperto di nembi, percorso da ombre enormi. Il fumo denso lo copre. Le rovine di Oppacchiasella si intravvedono in una bruma fulva. Più lontano, dei ruderi appaiono e scompaiono, come sospesi fra plumbee caligini: Hudilog. Castagnavizza traspare di tanto in tanto, irriconoscibile, nebulosa, fantasma di un paese morto. Le vette del Veliki e del Fajti sono scomparse.

Chi ha visto il vento sollevare a turbini le sabbie del deserto, ritrova la stessa visione oggi sul Carso e nella pianura di Gorizia. Giganteggiano sul campo di battaglia i nembi opachi