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298 la conquista

Il bombardamento ha cominciato con l’aprire dei varchi all’assalto in certi punti determinati. Anche un attacco frontale ha le sue manovre. Sopra un terreno così aspro e così vario lo sforzo si sperderebbe se fosse distribuito egualmente su tutta la linea; bisogna guidare l’irruzione irresistibile delle masse sopra speciali settori, secondo meditati piani di movimento, e, valicate le difese, eseguire conversioni prestabilite, raggiungere le posizioni più forti del nemico da direzioni per lui inaspettate. Si prendono dei rovesci, si avvolgono delle ridotte, si piomba sui centri di comunicazione.

Quando si assiste ad un assalto ben disposto, si vedono i nuclei urlanti delle fanterie volgere la loro corsa veloce a destra o a sinistra in subitanei mutamenti di fronte, slanciarsi in evoluzioni strane il cui senso sfugge. È la manovra per investire un cocuzzolo, per prendere una dolina, per accerchiare un groviglio. L’avanzata ha dei mulinelli, dei gorghi, dei risucchi da ondata, ha qualche cosa di fluido nell’atmosfera fumosa, è uno scorrere vivente, un turbinare grigio. Passano e ripassano degli affollamenti confusi in un pagliettìo di lame luccicanti, spariscono, si rivedono, girano.

I varchi principali erano già aperti ieri quando le pattuglie sono uscite. Da quei punti la distruzione si è andata allargando. Alla sera