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308 la manovra vittoriosa


epica grandezza. Il grido di «Viva l’Italia!» echeggiava incessante fra le balze orride. Un reggimento, correndo, ha sorpassato ad un certo punto il suo colonnello, il quale più tardi doveva rimanere ferito, ed i nostri soldati che gli passavano vicino si fermavano un istante a baciarlo. E poi, via, avanti!

Così pure l’attacco, più lento perchè imbarazzato da boscaglia e ostacolato da piccole resistenze, avanzava dal Velila Hribach lungo il costone. Alla notte raggiungeva la vetta successiva, più alta, selvosa, senza nome: la Quota 376, oltre ad un chilometro dal Veliki. La penetrazione, in tal modo, è avvenuta profondamente lungo due direttive parallele: ha insinuato nel territorio nemico due grandi cunei. La disorganizzazione momentanea del nemico si è rivelata nel silenzio profondo delle sue artiglierie, nella mancanza — per molte ore almeno — di ogni reazione organizzata. Degli ufficiali di artiglieria austriaci fatti prigionieri, presi insieme ai loro pezzi — obici di medio calibro — narrano con ingenuità il loro sbalordimento. La loro batteria era ancora in azione quando il suo osservatorio ha cessato subitamente di comunicare i dati di tiro: dal fondo del suo ricovero, in una ampia foiba oltre il Pecinka, il comandante austriaco si è attaccato ad un telefono chiamando il comando superiore; non avendo risposta, è corso ad un altro