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Pagina:Barzini - La metà del mondo vista da un'automobile, Milano, Hoepli, 1908.djvu/127

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sulle montagne 81


modo di superare certi ostacoli, e lo applicavano senza aspettare il comando. Studiavano i nostri gesti, cercavano d’indovinare le nostre intenzioni. Avevano capito benissimo il meccanismo dello sterzo, e quando vedevano le ruote anteriori così impigliate nelle fenditure o fra i sassi da rendere impossibile il dirigerle, correvano a liberarle, le forzavano a volgersi dal lato più utile, secondavano l’intenzione di Ettore che reggeva il volante. Il significato di alcune parole della nostra lingua non era più un mistero per loro: “forza, avanti, fermi, piano, attenti„ erano divenuti vocaboli eloquenti alle loro orecchie. Ed oltre a tutto ciò un buon umore inesauribile, una voglia d’esser contenti sotto ogni pretesto. Ad ogni mal passo superato era uno scoppio d’allegria. Dopo la concitazione intensa d’uno sforzo, trovavano la voglia anche di cantare, con voce affannosa. Festeggiavano le loro piccole vittorie. Trovavano mille argomenti di conversazioni e di risa, finchè il grido di attenti non li faceva tacere e non li curvava nuovamente sotto la corda tesa, il vederci sempre pronti anche noi ad afferrarci alle funi, scamiciati, le braccia nude, e unire al momento del bisogno la nostra fatica alla loro, li spronava. Forse l’inorgogliva.

Non sapevamo mai che ora fosse, perchè non volevamo saperlo. In certi viaggi bisognerebbe sempre lasciare l’orologio a casa; esso è un cattivo compagno, che vi scoraggia mostrandovi quanto il tempo è lento a trascorrere. Noi vivevamo fuori del tempo. Avevamo l’impressione d’esser in marcia fra le montagne da un’epoca indefinibile: ciò abitua e rassegna. Il giorno maturava su di noi incommensurato. Il sole sfolgorante scaldava le roccie, le infuocava, le accendeva. Toccando le pietre ritraevamo le mani con la sensazione d’essere scottati. L’aria era immobile e calda sotto il riverbero; pareva che la montagna alitasse su di noi un suo respiro lieve da gigante addormentato. Alcuni coolies avevano denudato il loro torso color del bronzo, e la corda, appoggiata alla spalla, s’affondava nel muscolo, increspava la pelle; ma i denudati erano tutti portatori, ed avevano sulle spalle la carne già incallita