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sulle montagne 85


Le radici tagliate vennero legate, tirate, sbarbicate a forza di braccia, schiantate e distorte fino a sbarazzare completamente le ruote. E allora uscimmo dal pantano, velocemente, senza fermarci per qualche chilometro, contenti di ritrovare un sentiero che, per quanto cattivo, non celava insidie. Il sentiero ci riportò sulle sabbie del fiume, e poi di nuovo fra campi, boschetti e villaggi. Ad ogni pozzo ci fermavamo ad immergere le mani e la faccia nell’acqua fresca, voluttuosamente.

Where do you go? — “Dove andate?„

Questa domanda in inglese, arrivataci mentre passavamo vicino ad un solitario tempio abbandonato, ci ha fatto rivolgere con somma meraviglia. Non abbiamo visto che un cinese, seduto all’ombra d’un albero, intento a guardarci. Era lui che c’interpellava? Sì, proprio lui.

— Dove andate? — ha ripetuto.

— A Kalgan. E voi, chi siete?

— Io sono un ingegnere della ferrovia di Kalgan.

— E che fate?

— Studio.

— Che cosa studiate?

— La ferrovia di Kalgan.

— Buon divertimento.

— Aspettate.

— Perchè?

— Voglio salutarvi.

E il bravo ingegnere ha interrotto lo studio della ferrovia di Kalgan, che somigliava molto ad un dolce riposo, ed è venuto gravemente a mostrarci che conosceva gli usi stranieri. Ha stretto la mano a tutti noi, ha ripetuto: Addio, addio! — ed è tornato all’ombra dell’albero.

Ci siamo fermati a mangiare delle perfide focacce in un albergo di villaggio, Shan-shui-pu. In quel mentre la corte dell’albergo ha risuonato dello scalpitìo di due cavalli arrivati al galoppo. Ne abbiamo visto scendere due soldati cinesi, stracciati, sporchi,