Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
la città del deserto | 179 |
— Corre come un treno!
— Sono animali.
— Sono antilopi!
— Si, si. Si vedono bene adesso.
— Eccone una sola, avanti alle altre.
— Guardate le gambe, che brulichio!
— Uno spettacolo meraviglioso.
— Superbo.
— Quante saranno?
— Chi sa? mezzo migliaio forse.
— Una popolazione di antilopi.
Eravamo giunti a cinquecento metri da loro. Distinguevamo perfettamente l’enorme mandria, compatta nella fuga. Stava per raggiungere la strada ed attraversarla, secondo la tattica consueta.
— Arriviamole! — esclamai.
Il Principe abbassò la leva del motore alla quarta velocità e spinse tutto l’acceleratore. L’automobile rombò più forte e più alto, ebbe un balzo, e volò sulla sabbietta dura del sentiero. In pochi secondi ci accorgemmo che la mandria non avrebbe più avuto il tempo di sfilare tutta avanti a noi, e ne provammo una crudele soddisfazione.
— Che velocità avremo? — chiesi.
— Da novanta a cento — rispose Ettore.
Sentivamo sulle nostre faccie soffiare un vento d’uragano. Mi venne l’idea di prendere la Mauser per abbattere qualcuno degli animali e portarlo trionfalmente ad Urga legato sul bagaglio, ma non potei tradurre la mia idea in atto. La mandria era raggiunta. Con una rapidità sorprendente le antilopi avevano cambiato direzione e fuggivano ai nostri fianchi divise in due gruppi. Per qualche momento ci trovammo in mezzo allo strano gregge, fra la polvere sollevata dallo scalpitare minuto delle zampe sottili, nervose e veloci. Di tanto in tanto qualcuna delle timide bestie, folli di spavento, cadeva, rotolava, era calpestata o saltata