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218 capitolo x.


dei nostri nuovi amici salirono in arcione e si allontanarono di carriera, per ricomparire una mezz’ora dopo trascinando dalla sella alcune travi lunghe e sottili. Li avremmo abbracciati.

Ed eccoci all’opera con entusiasmo. Per alleggerire di più la macchina smontammo la carrozzeria, che con l’aiuto dei mongoli deponemmo sull’erba. E con le travi costruimmo il nostro semplice apparecchio di sollevamento. Dovevamo andar cauti perchè il terreno minacciava di cedere sotto alle leve, e le travi, troppo vecchie, scricchiolavano e temevamo si spezzassero. Ma l’automobile, a poco a poco, risorgeva; sotto alle ruote incastravamo grossi pezzi di legno, tagliati da una trave a colpi d’accetta. Era un lavoro lento e paziente. Ci vollero tre ore per mettere la macchina in condizione da poter essere strappata dai suoi solchi profondi. Attaccammo le corde alla parte posteriore del telaio, e tutti uniti tentammo di trascinarla. Ma ogni sforzo fu inutile.

Dei buoi, c’erano dei buoi? Dopo aver descritto col gesto delle travi ci fu facile domandare dei buoi. E fu condotta una mandria, che doveva pascolare qualche chilometro lontano. La lunghezza delle corde non ci permise di aggiogare che quattro buoi. Le povere bestie tirarono e tirarono, ma non riuscirono più di noi a smuovere l’automobile. Comprendemmo però che se i buoi avessero potuto fare uno sforzo simultaneo, sarebbero riusciti. Essi, incitati, tiravano ad intervalli, uno dopo l’altro. Come fare a persuaderli dei vantaggi d’una perfetta unione? Ci venne un’idea geniale: mettere in azione il motore.

Il successo fu completo. Al frastuono improvviso, i quattro buoi spaventati puntarono i piedi con una sincronia perfetta, e abbassarono il grosso capo cornuto muggendo in un resoluto movimento di fuga. L’automobile oscillò. Ettore, salito sulla macchina, spinse il pedale dell’acceleratore e il rumore divenne assordante, scoppiò con l’impeto d’un urlo mostruoso. Le quattro bestie atterrite fremerono tirando disperatamente; e tutto ad un tratto la macchina uscì dai solchi, d’impeto. Fu un momento di gioia profonda.