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transbaikalia | 247 |
noscevano la strada per Urga e conoscevano invece quella per Verkhne-Udinsk; si è sempre disposti a sparlare delle proprie conoscenze. Quel che s’ignora è migliore. Traversavamo pianure fangose, superavamo salite non sempre facili e scendevamo declivi non sempre comodi, ma niente bogs, e nessuno di quei precipizi così vividamente descrittici. Correvamo tranquillamente i nostri venti chilometri all’ora senza interruzioni. Alle sette eravamo ad Ust-Kiakhta, sulla Selenga. Poche isbe scurite dalle intemperie, una chiesuola, una grande strada piena di mota, e sulla strada un ufficiale di polizia, elegante, decorato, dalla tunica bianca immacolata, che ci aspettava. Intravvedevamo fra le case l’acqua del fiume.
— In che cosa posso rendermi utile? — domandò gentilmente l’ufficiale salutando mentre l’automobile si fermava vicino a lui.
— V’è pericolo di perdere la strada per Verkhne-Udinsk? — gli chiese il Principe.
— No — rispose l’ufficiale — se seguite la linea telegrafica. Ma a Novi-Selengisk, ad un settanta verste da qui, abbandonate il telegrafo e prendete il sentiero di sinistra per passare all’altra riva della Selenga; il telegrafo continua alla destra del fiume.
— Grazie. E v’è una buona barca per traghettare, credo?
— Si, ma ho paura che sia piccola per la vostra automobile.
— Vedremo!
— Quando contate d’essere a Verkhne-Udinsk?
— Questa sera.
— Questa sera? — domandò stupito — Ma sono duecento trenta o duecentoquaranta verste da Kiakhta! È meraviglioso!
— Se la strada fosse buona arriveremmo a mezzogiorno. A rivederci, e grazie.
— Non volete prendere un po’ di thè?
— No, grazie.
— Buon viaggio!