Pagina:Barzini - La metà del mondo vista da un'automobile, Milano, Hoepli, 1908.djvu/300

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250 capitolo xi.


Per alcune ore la strada ci ha discostati dalla Selenga conducendoci nella valle nuda del suo confluente il Tschiko, di cui seguimmo da lontano il corso, segnato da un infoltirsi di vegetazione lungo le rive. Non lontano dalla foce del Tschiko ritrovammo la Selenga, ampia, dalle acque bianche e lattiginose, fiancheggiata da un rigoglio di cespugli curvi sull’acqua. Sulla riva un piccolo gruppo d’isbe aveva l’aria di prepararsi al guado per raggiungere Novi-Selenginsk, della quale vedevamo la chiesa bianca levare il suo campanile al di sopra degli alberi, a poche verste da noi. Lì era il luogo d’imbarco. Sul fiume avanzava una piccola impalcatura fatta con tavole schiodate. Mettemmo piede a terra. La barca era dall’altra parte del fiume, ove aveva trasportato una telega che in quel momento si allontanava fra gli arbusti. Due vecchi dalla barba e le sopracciglia folte e arruffate, si avvicinarono, seguiti da alcune bambine scalze che ci guardavano timorose e fuggivano al nostro appressarsi. Uno dei vecchi ci chiese:

— Volete attraversare?

— Sì. La barca può portarci?

— Quanto pesa il vostro carro?

— Centoventi pud.

— È molto. Ma vi porta; purchè il vostro carro entri nella barca.

E si mise a chiamare i battellieri a gran voce. La barca si mosse sospinta da due lunghi remi maneggiati ognuno da due vogatori, attraversò il fiume a diagonale, e accostò il fianco all’impalcatura. Era una chiatta senza parapetti, una specie di piattaforma galleggiante. Ne misurammo la larghezza col passo: l’automobile non vi sarebbe potuta entrare che di traverso. Come condurvela? A braccia o col motore? L’impalcatura avrebbe resistito al peso? Allora questi problemi ci apparivano molto gravi: eravamo alla nostra prima manovra navale.

Possedendo un occhio sicuro e una perfetta conoscenza della macchina, si poteva imbarcare a forza di motore. Ettore prese il