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transbaikalia 255


a Buddha, è devoto allo Zar, fuma in una pipa cinese, e beve la vodka: ecco il buriato. La differenza principale fra lui e il suo fratello della prateria è questa: che egli talvolta lavora la terra, e il mongolo mai. Il buriato ha realmente fatto il primo passo verso la civilizzazione: fermandosi. Il nomade sarà sempre barbaro. La civiltà non comincia che quando la tenda si trasforma in casa. E noi vedemmo fra tanti villaggi slavi, anche dei villaggi buriati. Sulle loro casette di legno sventolavano piccole bandiere bianche, forse quelle bandiere della preghiera che agitandosi abbandonano all’aria le preci scritte di cui sono coperte. Anche sugli obo erano infissi i sacri stendardi, e spesso un albero sorgeva in mezzo all’obo, con i rami adorni di nastri di carta che fremevano al vento. Ad una cinquantina di verste da Verkhne-Udinsk scorgemmo anche, lontano alla nostra destra, una Lamaseria: un gruppo di edifici dai tetti cinesi dipinti di verde come quelli delle chiese ortodosse. Verkhne-Udinsk è il centro, la capitale del disseminato popolo dei buriati, come Kazan è il centro del disseminato popolo tartaro. La vicinanza della città ci venne annunziata più che altro dall’incontro di numerosi buriati che tornavano dal mercato, a cavallo, riuniti a gruppi per potersi difendere all’occasione. Essi non ci salutarono.

Alle sei della sera, giunti all’alto d’una collina, la cerchia dell’orizzonte montuoso si aprì avanti a noi, e il nostro sguardo spaziò sull’ampia valle dell’Uda. Nelle profondità azzurre e velate della lontananza indovinavamo il corso dell’Uda, che viene dall’est per unirsi alla Selenga e morire insieme nel vicino Baikal. Ai piedi delle alture più remote, oscure di boschi folti, scorgemmo un biancheggiare confuso di edifici dal quale s’ergevano linee sottili di campanili e di cuspidi: era Verkhne-Udinsk, fondata alla confluenza dei due fiumi. La guardammo lungamente, prima di discendere al piano e perderla di vista, pensando all’importanza che essa assumeva per noi.

Verkhne-Udinsk non era soltanto una tappa: era la fine d’una grande fase del viaggio. Era un point tournant. Da Pechino non