Pagina:Barzini - La metà del mondo vista da un'automobile, Milano, Hoepli, 1908.djvu/312

Da Wikisource.
262 capitolo xii.


occhi che per noi; ci guardavano a bocca aperta, spesso salutavano, e lasciavano che il cavallo facesse il comodo suo. Perciò li avvertivamo da lontano: Tenete i cavalli! Attenti ai cavalli!

Faceva un freddo quasi invernale. I mujiks e i buriati avevano indossato i loro armiak di pelliccia ed infilato i guantoni. Nell’aria umida l’alito dei cavalli fumava. Ripassammo i ponticelli della vigilia, poi volgemmo a ponente. Non incontravamo più nessuno. Il fango era viscido, e, per quanto procedessimo adagio, ad ogni istante l’automobile scivolava lateralmente con le ruote posteriori, si metteva di fianco, insensibile all’azione dello sterzo, e camminava così, tutta di traverso come un cavallo che caracolli. Quando potevamo spingevamo la macchina sull’erba dei prati, dove le ruote facevano un po’ più di presa, aprendoci il passaggio nelle brughiere. Dopo un’ora fummo sul punto di tornarcene indietro. Ci trovammo di fronte ad una breve salita, che in altro momento avremmo superato senza accorgercene, e che invece si mostrava indomabile.

Contro questo genere di ostacoli diventavamo furiosi. Avremmo preferito un fiume, una montagna, un precipizio, qualunque altra difficoltà rispettabile. Ma no; erano cento passi di strada dall’apparenza la più innocente. La ricopriva però quella fanghiglia scivolosa sulla quale il passo stesso è malfermo e il piede striscia con una irresistibile tendenza ad andare più indietro che avanti. Le ruote facevano come il piede. Giravano a vuoto. L’automobile marcava il passo.

— Prendiamo un po’ di rincorsa! — ci dicevamo.

E tornavamo indietro. Con uno slancio la macchina si gettava all’assalto, ma al principio della salita si fermava, retrocedeva pattinando a freni stretti, si girava, scartava, e alle volte faceva un voltafaccia completo, da bestia paurosa. Provavamo lentamente, il Principe ed io spingendo dietro ed Ettore conducendo. Avevamo trovato dei pezzi di legno che mettevamo come zeppe alle ruote, e cercavamo d’andare avanti centimetro a centimetro; ma ad un certo punto, invariabilmente, l’automobile ridiscendeva trascinando