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278 | capitolo xii. |
erano piene di truppe. Nella sala non c’era nessuno, le porte erano chiuse. Dopo esserci sufficientemente istruiti sulle cure d’urgenza ai feriti, in attesa che comparisse qualcuno, cominciammo a chiamare. E apparve un gendarme.
Il gendarme ci richiese i passaporti, documenti perfettamente inutili quando si possiede una lettera del Direttore generale della Polizia dell’Impero. Fu la lettera che sottoponemmo al funzionario. Era un eccellente ragazzo, quel gorodovoi; impiegò molto tempo a leggere sillabando, ma finalmente capì. Capì e divenne nostro amico. Non immaginavamo allora che egli dovesse essere per noi di una utilità impagabile, pochi giorni dopo.
L’ottimo gendarme, conosciuto il nostro desiderio dei ponti, ci disse:
— Va bene. È affar mio. Ora telegrafo subito ai miei superiori, li informo delle vostre qualità e la cosa è fatta.
— Ma — obbiettò il Principe — le autorità ferroviarie....
— Cosa c’entrano le autorità ferroviarie col permesso di passare sulla ferrovia? La polizia ha la sorveglianza della linea, ai ponti vi sono le sentinelle, perchè i malintenzionati non li facciano saltare, e nessuno può andare sulla linea senza il nostro permesso.
Il capostazione, che sopravvenne e s’informò della questione, trovò la cosa molto più difficile.
— Per conto mio — ci disse — vi permetterei tutto, vi direi: Andate subito! — ma io non posso niente; la polizia non è competente; e l’autorità ferroviaria non può disporre di nulla contro ai regolamenti. Il Governo solo è il padrone. Dovete domandare il permesso al Governatore Generale della Siberia a Irkutsk.
Eravamo scoraggiati. Ma convenimmo di tentare. Avremmo dunque telegrafato al Governatore. Se una sua risposta favorevole non fosse giunta entro due giorni, ci saremmo rassegnati a traversare il lago. Presa questa decisione, ripartimmo per Missowaja. Fu un ritorno accasciante, e nessuno ne potrà dubitare. Vi è