Pagina:Barzini - La metà del mondo vista da un'automobile, Milano, Hoepli, 1908.djvu/404

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348 capitoli xv.


La voce del nostro arrivo si era sparsa per Atschinsk. La gente si affacciava alle finestre, veniva fuori dalle botteghe. Passammo avanti a degli edifici bassi, muniti di solide inferriate, circondati da sentinelle: erano delle note prigioni. Anche lì dentro si era diffusa la grande notizia. I forzati ci aspettavano. Dietro alle inferriate si affilavano le teste rase, una sull’altra da sembrare ammonticchiate; decine di mani si aggrampavano nervosamente alle sbarre; ed anche nell’interno, nella penombra, era uno scintillare di sguardi avidi.

Alloggiammo in una misera stamberga di legno che si dava il titolo di Hôtel. Era il migliore albergo della città. Nella notte degli uomini vennero a bussare alla porta. Nessuno aprì perchè nella gostinitza non c’eravamo che noi: un giovanotto era venuto alla sera tardi, dall’esterno, a portarci il pranzo, poi se n’era riandato. Gli uomini gridarono, volevano entrare ed entrarono, s’introdussero nelle nostre stanze, al lume di una candela, comandandoci imperiosamente da dormire. Erano dei mercanti arrivati chi sa da dove, impellicciati, infangati. Riuscimmo a convincerli di cercare altrove, e si allontanarono vociando. Alle tre del mattino ricomparve da fuori il giovanotto con un samovar acceso per il nostro thè. Quell’albergo — se ben ricordo si chiamava Hôtel d’Europa — aveva certo il più originale dei servizi. Un servizio esterno. Se non ci avesse condotto lì la polizia avremmo potuto credere d’essere caduti in una casa da agguati.

Alle tre e mezza partivamo. La nostra toilette mattutina era presto fatta, poichè nelle piccole città dovevamo dormire vestiti. Soltanto i grandi alberghi, e nelle città principali, posseggono delle lenzuola. Il viaggiatore siberiano porta con sè le coperte, il cuscino e le lenzuola, come porta il samovar, il sacchetto del thè e il sacchetto dello zucchero. Quell’uso di portarsi appresso il giaciglio ha un sapore di vita nomade, è qualche cosa forse che rimane dell’attendamento. È vero che tale usanza può significare semplicemente un’abituale sfiducia nei letti delle gostinitze; e la sfiducia non è assolutamente immeritata. Dicevo dunque che noi