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448 capitolo xx.


Non sentivamo più stanchezze e malinconie. Tutto era dimenticato: — In macchina! — E poco dopo il superbo panorama di Nishnii-Nowgorod si spiegava sotto a noi. Da Kazan avevamo percorso 447 chilometri. Era sera quando entravamo per le ampie vie dell’antica capitale russa. “Nowgorod la Bassa„, che fu il vero nido dell’immenso Impero. Le undici torri del Kremlino, in alto, sulla città, erano ancora illuminate dal tramonto; fiammeggiavano superbamente al di sopra delle cupole d’oro e dei bianchi campanili. Quelle undici dominatrici noi le guardavamo con un certo senso d’orgoglio pensando che sono un po’ italiane; furono fatte da un architetto italiano, Pietro Frasiano, quando il Kremlino cessò di combattere e volle abbellirsi. Intorno a quella fortezza si erano formati gli eserciti che avevano conquistato Kazan ai tartari; più tardi vi si formò l’esercito che scacciò i polacchi da Mosca. Nowgorod la Bassa deve apparire sacra all’anima slava.

Eravamo appena arrivati, quando ci venne comunicato un invito. Alcuni eletti cittadini, fra i quali il Governatore, vollero festeggiarci con un banchetto all’aperto, in un gran giardino della “Città alta„. L’aria era mite, il cielo sereno: vedevamo il Volga, alla confluenza dell’Oka, ampio, pallido, scorrere nella vallata sotto a noi, costellato da miriadi di lumi di battelli ancorati, simile ad una via lattea distesasi sulla terra: una musica suonava fra gli alberi. Ci attardammo sedotti dalla dolcezza della notte calma. Durante il banchetto vennero a chiamarmi.

— Che c’è? — chiesi al cameriere inguantato che mi avvertiva.

— Voi avete spedito un telegramma?

— Sì, due ore fa.

— Bene. L’ufficio telegrafico avverte che non può trasmetterlo.... Se volete parlare al telefono....

Corsi ad un telefono che m’indicarono. Fui messo in comunicazione coll’ufficio telegrafico. Il mio dispaccio non poteva essere trasmesso perchè non era scritto in russo. Da Nischne-Udinsk non avevo più sentito dire questa graziosa enormità. Per