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450 capitolo xx.


ser lette dall’alto in basso, una sotto l’altra, oppure in linea orizzontale da sinistra a destra.

Rimasi allibito. Caddi sopra una sedia, esclamando con voce dolente:

— Io non ho telegrafato in cinese! E nemmeno in giapponese! Ve lo giuro. Ho scritto in una lingua europea. Soltanto il cinese e il giapponese si scrivono dall’alto in basso. E si leggono dall’alto in basso. E si telegrafano dall’alto in basso.

— Va bene, va bene. Telefono subito. Dunque, da sinistra a destra?

— Ma se l’hanno già trasmesso! Come l’hanno trasmesso?

Come?

— Dall’alto in basso, signore!


Erano le dieci del mattino quando riprendemmo il viaggio. La nostra grigia e sporca automobile ce l’avevano, con gentile pensiero, ornata di mazzi di fiori. La gente per le vie ci salutava con lieta cordialità, usciva fuori dai negozi, si affollava verso di noi. Attraversammo l’Oka sul “Ponte della Fiera„, il magnifico ponte di legno che unisce Nishnii-Nowgorod alla Jamarka, la località della famosa fiera di S. Pietro e S. Paolo. Eravamo all’antivigilia della sua apertura. Essa si preparava a ricevere i 400.000 stranieri che vi accorrono ogni anno. Il grandioso fiume era solcato da innumerevoli vapori e battelli variopinti, era pieno di frastuono, di movimento, di luce, di canti.

Montagne di mercanzie si accatastavano sulla riva, dominate da uno sfarfallamento di bandiere. Enormi barche ormeggiate alle rive sostenevano edifici provvisori, caffè e trattorie galleggianti, multicolori, festonate, un teatro, luoghi ove la gente va a fumare perchè il fumare è proibito per le strade della Jamarka. Abbiamo attraversato, lungo la riva sinistra dell’Oka, il vasto territorio della fiera, con i suoi seimila magazzini, i suoi negozi, i suoi mercati, tutta un’altra città, morta per dieci mesi dell’anno, allagata a primavera, e della quale vedevamo il rumoroso risveglio. La