Pagina:Barzini - La metà del mondo vista da un'automobile, Milano, Hoepli, 1908.djvu/68

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26 capitolo ii.


parola è troppo ragionevole, prevede tutte le contrarietà e gli ostacoli, è pessimista. Se si costringesse ogni eroe a discutere per un minuto l’atto valoroso che si accinge a compiere, non esisterebbe più l’eroismo. Nelle imprese straordinarie bisogna lasciare al caso la soluzione di molte incognite; vi è sempre una parte d’ignoto che bisogna affrontare; occorre gettarsi nell’avventura con una certa dose di irragionevolezza. Questa irragionevolezza si chiama audacia. L’audacia è troppo contraria al buon senso, alla logica, per sopravvivere ad un prolungato esame critico. Ed ecco forse perchè a Parigi gli aderenti alla corsa finirono per decidere di non farne più niente, di lasciare il progetto allo stato di progetto rinunciando alla sua esecuzione. Il telegramma ricevuto dal Principe Borghese lo avvertiva della risoluzione presa. La Pechino-Parigi era morta.

Egli rispose: “M’imbarco domani a Napoli....„. La sua decisione fece ritornare gli altri sulla loro. Un giustificato amor proprio li indusse a non lasciare il principe italiano a tentare da solo un’impresa ideata e proposta dalla genialità francese. E così il 14 Aprile, a Marsiglia, gli altri concorrenti salivano a bordo d’un vapore delle Messageries Maritimes diretto a Shang-hai.

Erano uomini di valore, abili nella loro professione di chauffeur, scelti dalle ditte concorrenti fra centinaia di meccanici e chauffeurs che chiedevano di prender parte alla corsa. Cormier, uno dei conducenti delle De Dion-Bouton, aveva viaggiato con macchine di poca forza la Spagna e l’Ungheria, ed era un convinto della superiorità delle automobili piccole nel gran tourismo. “Otto cavalli — aveva dichiarato — otto soli cavalli di forza mi saranno sufficienti...„, e ne ebbe dieci. Colignon, il secondo conducente delle De Dion-Bouton, era anch’esso provato in difficili corse di resistenza. Un interessante tipo d’ardimentoso era Pons, il conducente del triciclo Contal, che si disponeva con tutto l’impegno al suo difficile compito. Egli non avrebbe indietreggiato che di fronte all’impossibile. Era un uomo risoluto e buono, coscienzioso, pronto al sagrificio. A vederlo, a conoscerlo, si comprendeva che se per superare una difficoltà fosse occorso del sangue invece che della