Pagina:Barzini - La metà del mondo vista da un'automobile, Milano, Hoepli, 1908.djvu/92

Da Wikisource.
50 capitolo iii.


— la sua lingua sacra — ed aggrappati alla macchina fuggimmo rapidamente, lasciando lui e la sua gente immobile a guardarci sparire estatici come avanti a qualche apparizione biblica.

Non passò molto tempo che all’orizzonte vedemmo le strane vette dei monti di Kalgan, lontani, incerti, sbiaditi. Intorno a noi delle colline nude si sollevavano, ci stringevano. Alla nostra destra si apriva quel superbo anfiteatro di monti, regolare e solenne, nel quale dormono gli imperatori dei Ming. Non v’è al mondo un più grandioso cimitero di sovrani. Non sono i templi, gli archi, i giganteschi simulacri che lo rendono imponente: è il luogo. È la valle, sterile e chiusa, che assume tutta l’indicibile maestà di una tomba. Una tomba di semidei, che ha per recinto un cerchio di montagne. Qualche volontà sovrumana pare che le abbia disposte così, per adunare dell’ombra e del silenzio sopra al gran sonno sacro ed eterno di una dinastia.

Ci accorgevamo di trovarci in vicinanza di luoghi venerati; come nei dintorni d’un tempio, spesseggiavano le pietre commemorative, coperte di antichi caratteri, erette sul dorso di enormi tartarughe o di draghi di marmo, o sopra basi a fiore di loto come il piedestallo di Buddha. La strada si faceva sempre più difficile, sassosa, d’un aspetto già quasi montano, quando incontrammo i nostri coolies. Avevano invaso un piccolo villaggio, e, vedendoci, si precipitarono in disordine sul sentiero.

Li comandava un vecchio capo che, quale insegna del suo grado, portava uno stendardo bianco con sopra scritto: “Ascoltate la voce paterna„, per significare forse che gli era dovuta obbedienza. Al fine poi di rinforzare la voce paterna, il vecchio s’era munito di un fischietto di metallo, legato al collo da uno spago. Gridammo a questa gente di proseguire la strada, e li lasciammo indietro. Volevamo adoperare il motore fin dove era possibile.

Distinguevamo or bene la gola di Nan-kow, angusta come una fenditura, fra due montagne scoscese, rocciose, sulle cui vette irregolari si ergevano torri di antiche fortezze. Altre montagne snodavano intorno la linea capricciosa dei loro dorsi; e nel pal-