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verso la grande muraglia 49


fatto di ruderi, e in venti minuti potè compiere la sua passeggiata archeologica fino alla riva sinistra del fiume.

Qui ci vedemmo circondare da una folla di cinesi, coperti da strani berretti, che ci salutava amichevolmente. Domandammo dell’acqua fresca, e l’acqua arrivò, in secchi, in pentole, in cuccume. Un bel vecchio dalla fisionomia tartara si fece largo, e ci invitò a prendere il thè nella sua casa. Si mostrò afflitto pel nostro rifiuto. Ci confidò d’essere nostro amico. Tutta quella gente In vicinanza di Ki-mi-ni. — Costeggiando l’Hun. era nostra amica. Come mai? Avemmo la spiegazione di questa simpatia quando ci mostrarono fra gli alberi, con una certa fierezza, la loro moschea. Erano cinesi maomettani. Il vecchio era il loro capo e il loro sacerdote. I cinesi maomettani si sentono, per la loro religione, più vicini a noi che ai loro connazionali. Sanno che la base della nostra fede è il Vecchio Testamento, ed essi credono al Vecchio Testamento, arrivato loro per la via del Turkestan, un po’ trasformato strada facendo, un po’ cinesizzato all’arrivo, ma intatto nella sostanza.

Rivolgemmo al venerando sacerdote qualche saluto in arabo