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108 la battaglia fra le nevi


di legno, ed ha barricato l’apertura con sacchi pieni di detriti di roccia. Da queste specie di grotte di gelo, alte, esso fucilava gli approcci.


La compagnia alpina che aveva la difesa della cresta ha cercato inutilmente di salire per i camminamenti spazzati dal piombo. Uscita fuori dai passaggi per spiegarsi e tentare l’assalto, si è trovata ingolfata nella neve alta sotto raffiche di mitragliatrici. Ha fatto allora del rifugio, detto il Castello Rosso, quasi scomparso sotto la neve, il suo fortilizio. Lo ha tenuto come posizione avanzata, aspettando aiuti. Si è costruito dei baluardi di neve attraverso il labirinto dei passaggi per barrare la strada ad ogni ulteriore avanzata nemica. Tutto questo nelle tenebre, diradate appena dal chiarore sidereo dei ghiacci, e di tanto in tanto dissipate vivamente dal bagliore dei razzi al quale anche i monti lontani, dello Zellonkofel a Timau, parevano destarsi e sorgere, bianchi, diafani, spettrali.

La grandine della mitraglia isolava la compagnia. Interrotte le comunicazioni telefoniche, il capitano ha mandato fuori delle staffette. Nessuna è arrivata.

Il nemico lavorava, vociava, urlava e cantava. Si capiva che ogni nuovo reparto che arrivava sulla posizione presa, lanciava il suo urrah e intonava il suo inno. Mai gli austriaci