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fra le nevi del kozliak 173



VERSO LA VETTA DEL MONTE NERO.

Marzo.

Il Monte Nero ha la fama di attirare le tempeste. Sono rare infatti le epoche in cui esso mostra, interamente spoglio di nubi, puro e luminoso, il suo ardito e strano profilo, quella gran sagoma di volto riverso, quella sembianza umana, solenne e prodigiosa. La sua massima vetta, isolata, aguzza, imponente, vertiginosa, che scende a picco verso settentrione, strapiombando da quel lato sopra un abisso di mille e duecento metri come una guglia immane sul punto di crollare, è quasi sempre immersa in un tumulto di nembi grigi. Solo in qualche lacerazione delle nebbie, entro una incerta cornice di vapori, essa traspare di tanto in tanto, fuggevolmente, velata, indefinita, immateriale, alta nel cielo e quasi sospesa, grandiosa e assurda.

Anche in questa stagione, che rinverdisce le valli e sparge nelle boscaglie più basse un sommesso profumo di violette e di rododendri, avviene talvolta di giungere alle falde del Monte Nero senza aver potuto scorgere un istante la