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sul vertice del monte nero 195

sta per giungere alla vetta del Monte Nero. Il bel tempo ha i suoi inconvenienti. Ci siamo distanziati per offrire meno bersaglio, perchè il cerimoniale vuole che dopo le prime fucilate arrivi una coppia di shrapnells. Ma il cerimoniale è rimasto incompleto.

Vedevamo il Monte Rosso più in basso, a levante, isolato, e sul suo rovescio nevoso scorgevamo il serpeggiare dei camminamenti, sui quali si aprivano oscuri, bassi e informi, i rifugi. Sui bordi dei sentieruoli bianchi e scoscesi stavano strane file di ometti immobili. Parevano in rango per una fantastica rivista, che lassù avrebbe dovuto esser passata da un generale in aeroplano. Gli austriaci li tempestavano assiduamente con grossi shrapnells che arrivavano ululando dalle posizioni dello Smogar, al di là del Monte Nero. Ma le schiere rimanevano imperterrite. Al dissiparsi del fumo rossastro dei colpi le rivedevamo ferme, erette, intatte. Possibile? Abbiamo guardato con i binoccoli: erano tante pellicce messe ad asciugare sulle piccozze piantate nella neve. Gli austriaci le hanno bombardate con fiera perseveranza, finché un grigiore filaccioso di nebbia è salito dalla parte del Rudecirob ed ha velato il monte.

Eravamo in cammino da oltre due ore. La vetta non pareva raggiunta; non si sa mai quanto possa essere lontano un candore deserto. Ma improvvisamente siamo entrati in