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SQUADRIGLIA IN MISSIONE.

Maggio.


Il giorno è vicino alla fine quando il primo cacciatorpediniere della squadriglia, mollati gli ormeggi, scivola via dolcemente nelle acque calme del porto, verdi, oleose ed opache. Dalla plancia di un incrociatore ancorato, al quale passa sotto bordo, gli segnalano a bandiera: «Buona fortuna!». Un quarto d’ora dopo tutta la squadriglia, varcati gli ultimi sbarramenti, naviga a velocità calcolata verso la sponda nemica. La costa appena lasciata appare già lontana.

Il sole discende dietro a basse nuvolaglie affocate come il fumo di un incendio, fra le quali filtrano raggi obliqui che sfiorano in certi profili di monti remoti sommersi in nebulosità violacee e accese. La riva dilegua a poco a poco ai limiti dell’orizzonte entro brume di porpora. Nella sua direzione il mare, imbevuto dei riflessi del tramonto, è percorso da irrequieti bagliori come se la stessa terra italiana fosse fatta di luce e si specchiasse nei flutti.

Doppie vedette sono salite alle coffe e, dai