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gli avventurieri dell'abisso 319

me, ma ne intuisce con precisione il valore, ne misura inconsciamente la forza, ne sente l’intensità, l’ansito, il palpito.

Il periscopio torna ad emergere sulle onde. Il esplora, poi con un gesto invita il secondo ufficiale a guardare:

— Ha capito la manovra?

— Sì.

— Deve passarci di prua.

— Mi pare che accosti a destra.

Giù, un altro tuffo. Per un minuto il «V.L.A.» scivola veloce sull’acqua. Risale, riaffiora.

— Già — mormora il comandante — . Accosta. Mostra il fianco.... Ah, ma è inglese!

E si solleva dalla lente sorridendo, divertito dall’idea d’aver dato caccia ad un amico. E tutti a bordo, da un capo all’altro del battello, ridono.

— Sicuro — esclama il secondo ufficiale — è un tipo K.

È un sommergibile inglese, che è salito a galla per filare più presto verso casa. L’italiano non nasconde più il periscopio e manovra, per esercizio. Ma l’inglese ha visto e manovra anche lui, tutto spaventato, per difendersi. Un minuto dopo il mare è deserto e sott’acqua i due mostri preoccupati si fuggono.

La notte arriva. L’aria chiusa si è fatta greve, ogni gesto stanca, un cerchio d’indolenzimento serra la fronte, le tempie pulsano ed una dolce sonnolenza appesantisce le palpebre. Le