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oslavia 77


Il costone scende in un’avvallatura: la Sella di Oslavia. Subito dopo un rudere: la «Casa della Botte», che deve il suo nome ad una botte presa fra le rovine per rafforzare la trincea in quel punto. Poi viene la collina di Oslavia. Il villaggio si allineava sopra una piccola cresta, lungo una strada campestre. Le case sono crollate sotto alle esplosioni, e le granate hanno anche scalzato la terra dalle fondamenta, verso di noi; le muraglie che erano affondate nel suolo, le radici degli edifici, si allungano scoperte e oscure, piantate in una convulsione di fanghiglia rossastra, coronate di bianche macerie. E Oslavia distrutta ha assunto così l’apparenza mostruosa di una gigantesca dentatura guasta e scarnita sopra una immane gengiva lacerata.

La linea delle posizioni, dopo Oslavia, penetra in un terreno più selvaggio, tutto boscaglie, tutto ombra, per salire oltre le alture di Peuma, sui fianchi del Podgora, così spesso simile ad un vulcano, tanto è sconvolto e fumigante. Il valore di questa fronte ristretta, bassa e nodata fra le due montagne nemiche come la dura cervice del toro fra le due corna, è nella possibilità che essa offre di dominare Gorizia e le sue comunicazioni. Ma è un varco nel quale è difficile entrare e spaventoso fermarsi. Gli austriaci ne dominano ogni forra, ogni ripiego; possono dirigervi accuratamente il tiro di batterie introvabili, nascoste sul Monte