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76 la lotta a oslavia

ad allacciarsi a destra alle ridotte nemiche fra le boscaglie fulve e bruciacchiate del Grafenberg e del Podgora.

Nessuno sa quali nomi avessero, ad una ad una, quelle piccole vette; le carte non li indicano e chi li conosceva è scomparso. Si combatte in una terra sbattezzata, sulla quale tutto è molto. I soldati distinguono i luoghi con nomignoli di guerra o con cifre di altitudini.

A sinistra è la posizione del «Lenzuolo Bianco», detta così per il candore di una rovina, resto di una fattoria; è un gran muro intonacato e scoronato, che spicca vivamente sulla grigiastra monotonia del suolo come un grande panno di bucato disteso da un lavandaio gigante. La posizione del Lenzuolo Bianco si attacca alla «Quota 188» un’altura tondeggiante sul cui declivio tormentato si sfanno dei ruderi di case che hanno preso il colore del fango. L’altura declina nel «Costone del Bosniaco». Un soldato bosniaco era di vedetta in quel punto, una mattina di novembre, e ad un certo momento fu visto sollevarsi sulla trincea, chi sa perchè. Pareva enorme nella foschìa, colpì le immaginazioni per quelle sue proporzioni da statua. Una palla lo abbattè, e il cadavere è rimasto lungo tempo lì, disteso, supino. Serviva da punto di riferimento, e il flusso e il riflusso degli attacchi portava il calpestìo della moltitudine urlante intorno al suo sonno solenne.