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82 la lotta a oslavia


giare da grandi uccelli. Sotto, nell’ombra di queste nubi, l’assalto oscillava in un rimescolìo confuso, pareva farsi indeciso. «Dio mio, torna indietro!» — si udiva mormorare. No, andava avanti, riprendeva. Saliva da trincea a trincea come se i ranghi delle difese fossero i gradini di una scala da giganti.

«Sono arrivati!... No!... Sì, eccoli, i primi spariscono nelle macerie! È vero! Eccoli, eccoli sulla vetta!» Un generale, intorno al quale s’incrociavano queste esclamazioni commosse, si volse grave, girò intorno uno sguardo raccolto come volesse parlare. Ma fu dopo lunghi istanti di silenzio che trovò le parole.

Indicando con la mano tesa le posizioni prese, con voce mutata disse: «Quei soldati.... Bisognerebbe baciare dove posano il piede!» Così fu ripresa Oslavia. Ma non potevamo illuderci che fosse la fine. In questi giorni la lotta si è riaccesa più violenta che mai.


Tutto quello che è avvenuto ora a Oslavia, la successione tempestosa di attacchi e contrattacchi che ha fatto per cinque volte oscillare avanti e indietro la linea delle posizioni sopra una fronte di un chilometro e mezzo, non ha che un valore di episodio. È stata un’azione di battaglioni la quale non poteva avere, qualunque fosse stato il suo esito, una influenza apprezzabile nel complesso delle operazioni.