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172 lo cunto de li cunti

Rota de li cauce1, nè Guarda mogliere2, nè Covalera3, nè Compagno mio, feruto so4, nè Banno e commannamien-



    Giuoco ancor vivo. Un fanciullo nasconde la testa in seno a uno dei compagni. Questi vi pone su le mani, con una o più dita aperte, e domanda: «Quanta corna tiene ncapo?» Se chi sta sotto indovina, il suo posto è preso da chi fa il giuoco; se no, si continua, finchè non indovini. Cfr. Pitrè, Giuochi fanciulleschi, N. 87, A càncara e bella (Bibl. XIII, pp. 169-75). A un giuoco a Anca Nicola, diverso da questo che ho descritto, accenna il Rocco, che dice: «Consiste nel giungere ad una meta su di un solo piede, ma senza saltare, e quindi strisciando il piede in modo che avanzi or la punta ora il tallone. Si accompagna il giuoco con questa cantilena: Anca Nicola, Sì bella e sì bona, Sì bona e sì bella, Comm’a culo de tiella» (R).

  1. Cfr. Ntroduzz., e Lett. cit. Accenna questo giuoco anche il Del Tufo: «Chi poi dietro un cantone, A la rota di calci a lo vespone» (ms. c., f. 101). Che non ha a che fare col giuoco: A la rota, a la rota, descr. dal Cortese (Ciullo e Perna, p. 13), nè coll’altro: Rota, rota, menz. dal Serio (Vern., p. 49-50). Si suol fare, invece da una compagnia di fanciulli, che girano tenendosi per mano, e respingendo coi movimenti dei piedi uno di loro, che sta di fuori e deve sforzarsi di entrare nel circolo. Chi lo lascia entrare, va di fuori.
  2. Cfr. Lett. Il Pitrè, n. 168, descrive il giuoco: A vardamugghieri (l. c., 290-1); che, almeno nel nome, si riscontra con questo.
  3. Cfr. Lett. Del Tufo; Perillo; Velardiniello (l. c., p. 8); Cortese (Vajass., I, 25). B. Zito lo descrive così: «Lo juoco de covalera l’ausano a Napole li fegliule grannecielle e se face de chisto muodo: s’acchiettano otto o dece fegliule, li quale mprimma jocano a lo tuocco, a chi de loro deve attoccare a covare; ed a chillo che attocca, se le fa fare juramiento de non vedere addove se vanno ad accovare; e così, accovate che so, guidano nmezzo chillo che cova e le diceno: Vienela, Viene! Allora, chillo che cova, se parte da lo luoco addove steva, e va cercanno chille, che stanno accovate, e s’abbene che nne trova quarcuno, subbeto l’abbraccia stritto, e dice: Auciello, auciello; e ntanno, chillo ch’è pegliato, l’attocca a covare ad isso» (o. c., p. 68). Aggiungo che a quello, che è volto contro il muro, si suole accostare uno dei giuocatori, e, battendogli sul dorso, gli dice: «Cova covalera. Chi ncappa e chi leva.... Spingola ccà, spingola llà, Santa Lucia te fa cecà!»
  4. Cfr. Lett. e III, 3. Il Garzoni, in una sua lunga lista di giuochi fanciulleschi menziona: A buon compagno son sta ferito (o. c., pp.