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270 lo cunto de li cunti

Col.    Anze, è la chiù polita
          Fra tutte l’esercizie;
          Cosa de n’ommo appunto,
          Che vo parere nietto, ed è sedunto1.
Mar. Me darrai a rentennere,
          Che sia de sprofformiero,
          de ragammatore2?
          Va, tornatenne, va, ch’hai fatto arrore!
Col.    Io te voglio provare,
          E mantenere drinto de no furno3,
          Ca l’arte de tentore
          È cosa de segnore.
          Chesta, a lo juorno d’oje, s’usa fra tutte,
          Co chesta l’ommo campa.
          Ed è tenuto ncunto;
          Aggia mbroglie a lo cuorpo,
          Aggia vizie a lo pietto,
          Ca co la tenta copre ogne defietto.
Mar. Comme nc’entra lo vizio de la vita,
          Co la tenta de lana e capisciola4?
Col.    Comme se vede ca non sai de cola5
          Tu te cride ca parlo
          De tegnere cauzette o pezze vecchie!
          La tenta, che dico io,
          E d’autra cosa, ch’inneco o verzino:
          Tenta, che fa parere a le perzone
          Lo colore moriello6 ncarnascione7.
Mar. Io sto drinto a no sacco,



  1. Unto.
  2. Profumiere e ricamatore.
  3. Anche dentro un forno.
  4. Seta di seconda qualità; e, propr., «è il capo del lavoro del verme della seta per fabbricarsi la stanza più dura e soda» (Partenio Tosco, o. c., p. 234).
  5. Che non sai di niente.
  6. (EO) mortella; e vorrebbe dire allora: colore verdognolo.
  7. Incarnato.