Pagina:Battisti, campagna autonomistica, 1901.djvu/24

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la dieta. Fino ad ora ad Innsbruck non ebbero voce che i rappresentanti del clero, delle università, delle camere di commercio, dei grandi proprietari, dei comuni rurali e dei borghesi delle città; ora è tempo che i lavoratori, che sono 9/10 della popolazione e che in proporzione maggiore degli altri pagano le tasse di consumo alla provincia, non sieno considerati come minorenni e privati del voto. Questa lotta pel suffragio universale ingaggiata dai socialisti di tutto il mondo comincia a sciogliersi in favore dei proletari, e non è lontano il giorno — purchè i lavoratori sappiano resistere con concordia e fermezza — in cui saranno ad essi aperte le porte delle diete. Allora assisteremo all’entrata dei rappresentanti dei lavoratori anche nella dieta d’Innsbruck, e, sieno essi italiani o tedeschi, saranno contrari a qualsiasi ingiustizia e saranno nuovi alleati per raggiungere l’autonomia del Trentino. Di ciò siamo sicuri, perchè ne è un pegno saldissimo l’organizzazione cosciente dei proletari tedeschi del Tirolo e perchè è proposito nostro di render popolare anche fra essi e colla stampa e colla parola la questione dell’autonomia.»

Venne il congresso, delle cui discussioni molto non possiamo riferire, perchè la procura di Rovereto ci confiscò parecchi brani della relazione che ne fu fatta; qui non riporteremo se non quello che non fu sequestrato.

Il compagno Avancini Augusto di Trento fece la relazione sulla questione dell’autonomia; ed esposti per sommi capi i danni che ci derivano dalla mancanza di un’amministrazione autonoma, nella chiusa del suo discorso ebbe a dire:

«Non ci lusinghiamo che coll’autonomia entrino in paese l’uguaglianza sociale, la fratellanza. Abbiamo davanti il triste quadro sociale d’Italia. I grandi uomini che consacrarono la loro vita alla sua unità ed il popolo che sparse a tal uopo torrenti di sangue e di lagrime, sognavano pure la fratellanza italiana. Or questa manca, benchè sia fatta l’unità. Eppure nessuno rimpiange le guerre gloriose intraprese con un alto fine, nè Lassalle, Marx, Bebel ed altri nostri dispregiarono gli eroi dell’indipendenza. Il ritardo dell’indipendenza d’Italia avrebbe prodotto un ritardo nello sviluppo inevitabile della questione sociale, che ora vi si trova allo stadio acuto. E noi domandiamo l’autonomia, onde veder sciolta alfine una questione, che è arma agli avversari per denigrare il nostro partito e mezzo per sottrargli delle buone forze. La dimandiamo perchè ad autonomia ottenuta nessuno potrà più dire che in paese esistono nazionalisti e socialisti, ma solo vi saranno lavoratori e borghesi.

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