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11 Ottobre 18981


Porto ai piedi del monumento a Dante l’omaggio dei socialisti trentini; omaggio che per correttezza di partito deve esser precisato e spiegato.

L’idea, a cui aspira la falange organizzata dei proletari, compendia nella sua vastità un complesso di radicali riforme, alla cui attuazione occorre l’opera non d’una ma di molte generazioni. Mentre però noi lavoriamo con diuturna fatica all’emancipazione della classe operaia, e con essa dell’umanità intera, dalla miseria, non possiamo vivere estranei all’ambiente che ci circonda, non possiamo non sentire il fremito d’altre battaglie, che sul nostro suolo o vicino a noi si combattono per distruggere gli avanzi di quelle barbarie, che non del tutto potè sradicare il soffio gagliardo delle rivoluzioni borghesi. Così è che ora, dovunque il proletariato milita in schiere serrate e disciplinate, non s’astiene dar partecipare a quei movimenti borghesi che costituiscono un progresso civile e possono servire a render meno aspra la strada dell’emancipazione operaia. Bastò che un grido di dolore venisse dall’infelice Candia perchè a schiere corressero nella Grecia i socialisti d’Europa in aiuto degli oppressi contro la prepotenza turca. E, or son pochi mesi,



  1. Parole dette davanti al monumento a Dante li 12 Ottobre 1898, secondo anniversario dell’inaugurazione, e già pubblicate nell’Avvenire del Lavoratore 13 Ottobre 1898.