Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
LA FAVOLA |
Le forze, che’n Amor pur sai per fama
Quante sieno maggior tra tutti Dei.
Ma tu non schiferai più quel ch’i sia
Et pagarai la pena ch’al fallire
Debita si conviene, et hoggi in tutto
Del tuo manto mortal spogliata, havrai
Se non la morte, almen vita di morte
Peggiore assai, tra gli animai vivendo,
Habbi Venere poi per nume, et habbi
Venere à i voti tuoi, che non havrai
Sembiante più di Donna, che lei cerchi
Seguire in mio disnor. Et così detto
Bollendo più che mai l’ira furente,
Mosse ver lei sdegnato, che tremando
Tutta di tema, a Cytherea ne giva
Pietà chiedendo, e intorno à i piedi suoi
Come suol fido Cane appresso fare
Del’amato Signor, quando altri il caccia,
Tutta si raggirava l’infelice,
Ma nulla al fine i lunghi giri, et nulla
Valsero i prieghi, ne le voci humili
Che Venere per lei spandea, basciando
Tallhora il figlio, et con sorriso insieme;
Cingendo al collo suo le care braccia;
Perche, come dal Ciel fulgore mosso
In cui contrasto alcun non val, ne quanto