Pagina:Bellentani - La favola di Pyti, 1550.djvu/68

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LA FAVOLA

     Indi partisse, et per sfogar lo sdegno
     Scorse il mondo leggier, mille e mill’alme,
     Et mille cor, et mille saettando
     Da tutti lati, che mai scempio tale
     Non fece, qual’il di nero per noi,
     Sventurati mortai, segno à suoi strali.
Amorosa potenza, quanto in somma
     Sei tu somma fra tutte, hor non contenta
     De l’arme tue, mutar’anche in augelli
     Cerchi i corpi qua giù, fuor del tuo regno
     Volendo signoria, la’ve devrebbe
     Bastarti, con che puoi, l’arco et la face,
     Come il fulgore à Giove, et basta à Marte
     À Minerva et à gli altri haver l’usate
     Armi, del lor poter famosa insegna.
     Ma come si potria dir che tu poi
     Cio che à te piace, se’l mutarne anchora
     Non fusse al tuo poter concesso? hor tutto,
     Tutto é proprio signor de fati tuoi
     Far, che dal volgo rozzo huom tratto, altro huomo
     Divenga di quel ch’era, et io pur uno
     Roco mormorador di corti, et nato
     À vender sol parole, hor per te, Cigno
     Fatto in parte gentil, se non hò voce
     Ch’á par di tanti Cigni udir si facci,
     Tanta almen me n’inspiri, et me n’impetra


Il disio