Pagina:Bellentani - La favola di Pyti, 1550.djvu/8

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terie habbia indegnamente indrizzate, da cotal morso altramente non intendo di difenderme, se non, che non volendo in tutto vivere et morir ingrato, et essendo io per me uno asciuttissimo terreno, se non quanto sono dalla dolce acqua della gentilezza vostra rintenerito, che che da me si nasce, bisogna che a voi s’invii, benche ne Vitruvio si guardo di scrivere la sua architettura ad Augusto, ne Oppiano i suoi pesci ad Antonino, ne Polluce la grammatica a Commodo, ne Diophane l’agricoltura a Deotaro Re, cose in vero, se dritto istimo, a cotali huomini tanto sconvenevoli, quant’alla benigna et clemente natura vostra, favole et simile cortesie d’amore. Ma mormori chi voglia, et con velenoso dente m’assaglia chi volendo tutto saper nulla ne sa, che io fidato nella grandezza et magnanimita vostra, appresso della quale ogni bassezza si puo inalzare, et sicuro della ottima mia conscienza, sono et saro di questo animo (fin che altro non ne sento, et le mie annotationi nella Metamorphosi d’Ovidio con altre cosette lattine sotto ’l medesimo nome escano in luce) che queste mie tre damigelle piu per vostra infinita bonta, che per merito loro, debbiano esser a grado a’ V.S. Illustrissima, alla quale humilmente m’inchino.