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220 delle memorie


il pontefice gl’inviava l’apostolica sua benedizione accompagnata insieme da ogni piú vivo affetto paterno verso di lui, e per la stima singolare che faceva del singolar suo valore, e principalmente perché lo riconosceva non tanto come figliuolo primogenito della Chiesa, ma come figliuolo suo proprio rigenerato da lui con la grazia dello Spirito santo nell’averlo sí felicemente riunito alla Chiesa medesima. Che perciò sarebbono inferiori sempre al suo desiderio tutte le prosperitá che a Dio piacesse di concedere alla real casa e persona di Sua Maestá. Che dalla pietá e forze della Maestá sua si prometteva il pontefice di veder ogni di crescer maggiormente i vantaggi, e al servizio particolare della religione cattolica in Francia e alla causa commune della Chiesa in tutto il resto del cristianesimo. A tal effetto giudicare Sua Santitá che fosse necessaria la pace, dal cui riposo e tranquillitá sí come nascevano tutti quei beni che potevano piú giovare alla religione, cosí dalle turbulenze e disordini che si tirava dietro la guerra si cagionavano per ordinario tutti quelli mali che favorivano l’eresia. Ciò saper meglio d’ogni altro Sua Maestá, la quale dopo aver superato i nemici con sommo ordine e valore in guerra, aveva poi con somma prudenza applicata ogni cura a fermar bene il suo regno in pace a fine di poter piú agevolmente domarvi la fazione eretica, la quale sempre piú si era invigorita fra l’armi, e si mostrava non punto meno contraria alla grandezza temporale della sua corona che alla spirituale autoritá della Chiesa. Al medesimo effetto aver Sua Santitá procurata di fresco poi anche la pace tanto felicemente col mezzo del suo legato seguita in Vervin fra Sua Maestá e il re cattolico, accioché, non solo ne’ regni loro ma in ogni altra parte ancora, potesse la cristianitá e specialmente la Chiesa goderne ogni maggior beneficio e vantaggio. Né potersi esprimere l’afflizione che sentiva ora Sua Santitá nel veder nuovamente perturbato il riposo publico, per le differenze intorno alla causa del marchesato sopravenute, e nel considerar il pericolo d’una rinascente guerra, che avesse in breve a distruggere quei tanti commodi che dalla pace con tanta ragione