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gran pezzo, ciascuna delle parti sostenendo le sue ragioni senza voler cedere all’altra.

Intanto restava sospeso il negozio, e passarono alcuni giorni con molta amarezza dall’una e dall’altra banda, e non senza pericolo che l’accordo naufragasse dopo esser giá, si poteva dire, condotto in porto. Era volato in questo mentre al duca di Savoia l’avviso della novitá succeduta, e nondimeno persistendo negli ultimi ordini che da lui avevano ricevuti i suoi deputati, aveva loro scritto di nuovo che non ostante la demolizione del forte passassero innanzi nella conclusione dell’accordo.

Dall’altra parte lo desiderava anche il re con manifesta impazienza per le ragioni accennate di sopra, e per lo stimolo che sentiva ogni di maggiore di ritornare quanto prima a Parigi. Ma sopra ogni altro bramavaio ardentemente il legato, e per sodisfazione del pontefice e per benefizio della cristianitá e per onore della persona sua propria. In modo che, piegando le cose da tutte le parti alla suavitá, il re per adolcire il legato gl’inviò come per sodisfazione dell’offesa che pretendeva aver ricevuta quattro personaggi di gran qualitá, e furono il gran contestabile, il gran cancelliere e i due deputati Sillery e Giannino, per mezzo de’ quali fece scusa di quanto aveva eseguito in materia dell’accennata demolizione, e aggiunse ogni altra maggior testimonianza di rispetto verso il pontefice e di stima verso il legato.

Ma perché finalmente questa era una sodisfazione di parole, e dal legato se ne desiderava qualche altra piú essenziale, si trovò questa ancora, e nel trovarla e stringerla e farne seguir l’effetto vi ebbe gran parte il marchese di Rhony sopraintendente delle finanze e generale dell’artigliarie, il quale appresso il re (giá fu toccato da me in altro luogo) aveva grandissima autoritá; e benché fosse eretico, era gran politico e uno di quei consiglieri che piú avevano portato il re sempre alla pace.

Da questo Rhony era stato reso grand’onore al legato, e con visite particolari e con ogni altra dimostrazione piú rive-