Pagina:Bentivoglio, Guido – Memorie e lettere, 1934 – BEIC 1753078.djvu/253

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libro secondo - capitolo vi 247


rente; né dal legato si era ommesso alcun offizio piú convenevole di stima e di cortesia verso di lui, ch’era ministro del quale, come ho detto, il re medesimo faceva cosí gran conto. Il ripiego dunque trovato fu, che delli cento mille scudi che il duca doveva pagare, egli ne ritenesse la metá per impiegarsi nel rifacimento del forte. Non volle però mai il re che si alterassero gli articoli di giá in parola accordati, parendogli che potesse bastar quella che sopra di ciò egli dava presentemente. Di questa sodisfazione contentossi a pieno il legato. Onde furono distese subito le scritture del nuovo accordo. Ma portò il caso che nel medesimo tempo i deputati del duca riceverono commandamento da lui di non sottoscrivere senza nuovo ordine suo la capitolazione, in caso che sin allora non l’avessero sottoscritta. Del che non si può dire quanto si turbasse e insieme infastidisse il legato, vedendo le mutazioni del duca e gli artifici con i quali di continuo procurava d’avvantaggiarsi, ma volendo egli pure in ogni modo concludere l’accordo, e considerando che il duca non ostante la demolizione del forte aveva scritto a’ suoi deputati che concludessero, tornò a stringerli di maniera che a forza delle sue vive ragioni, e di quelle insieme che vi aggionse Giovan Battista de’ Tassi, ambasciatore di Spagna appresso il re di Francia e ministro di gran qualitá e prudenza e d’intenzione molto retta, fece risolvere finalmente i deputati del duca a sottoscrivere l’accordo. Il che però essi non vollero mai eseguire se prima il legato non gli assicurò, con una dichiarazione particolare in scritto, di pigliare sopra di sé quello che essi facevano e di riportarne l’approvazione intiera del duca.

Questa fine ebbe, dopo tante difficoltá e variazioni, il trattato. Fu sottoscritta la capitulazione alli 17 di gennaro 1601, e la sottoscrisse il legato medesimo, e nel suo contenuto in sostanza, dopo essersi fatta al principio una breve menzione del trattato di Vervin e dell’accordo concluso l’anno antecedente in Parigi; dicevasi che per le difficoltá poi nate nell’effettuazione di detto accordo essendosi venuto a rompimento di guerra fra il re e il duca, perciò mosso il pontefice dal paterno