Pagina:Bentivoglio, Guido – Memorie e lettere, 1934 – BEIC 1753078.djvu/302

Da Wikisource.
296 relazione della fuga in francia


re di Francia vedendo muovere sí risolutamente le nostre armi contro le sue, deponesse l’animo d’assaltar questi stati, e si riducesse a tolerar con maggior pazienza i combattimenti ch’egli fa sentire a se medesimo con le sue interne sí mal misurate passioni. A questo modo voi avreste senz’alcun pericolo terminata gloriosamente una guerra anche prima di cominciarla. E potreste poi pigliar quelle risoluzioni che fossero per esser piú convenienti alle cose vostre, a quelle di Spagna, al servizio publico della cristianitá ed al ben particolare de’ vostri popoli. —

Erano veramente di grandissimo peso le ragioni che l’uno e l’altro di questi due capitani aveva addotte. Da una parte, lasciandosi congiungere il re di Francia con la soldatesca vecchia delle Provincie unite, venivano a restare in sommo pericolo le cose di Fiandra, e dall’altra, l’avventurar subito in una battaglia l’esercito nel quale consisteva la sola speranza per allora di sostenerle, era parimente risoluzione pericolosissima. Io vedeva il marchese Spinola piegar piú al secondo partito che al primo, o fosse ch’in lui potessero piú le ragioni del Bucoy o pure che questo consiglio, ch’era il piú ardito, fosse da lui giudicato volentieri ancora il piú necessario. Mostrava egli gran desiderio di trovarsi in un teatro cosí glorioso come sarebbe stato il venire a battaglia col re di Francia, sí gran prencipe e capitano. Oltreché lo mordevano vari disgusti dati e ricevuti nelle pratiche della principessa coi francesi, dal che forse poteva nascere tanto piú il suo incitamento di venire all’armi con loro. Affaticavasi in questo tempo il pontefice, con paterni ricordi e con caldissimi offizi, per indurre i prencipi interessati in un movimento sí grande a conservar la concordia di prima, ed a questo fine aveva destinati particolarmente due nunzi straordinari, l’uno che fu l’arcivescovo di Nazaret alla corte di Francia, e l’altro che fu l’arcivescovo di Chieti a quella di Spagna. Ma ecco in tanta perturbazione ed ondeggiamento di cose prorompere all’improviso una voce in Brusselles, prima timida ed incostante e poi dalla grandezza del successo fatta stabile e vigorosa,