Pagina:Bentivoglio, Guido – Memorie e lettere, 1934 – BEIC 1753078.djvu/367

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lettere diplomatiche 361


e custode come Vostra signoria illustrissima sarebbe di troppa spesa; e con sua licenza io penso d’inviar a quest’ufficio qualcun di questi miei bravi ugonotti di Francia che non si lasci far paura da qualche Reville, o altro di cotesti cattolici apostolici romani francesi, quando vorranno per forza andar a vedere il giardino e la casa. Ma lasciando questi scherzi, ne’ quali Vostra signoria illustrissima sí benignamente ha voluto darmi occasione d’entrare, io le rendo quelle piú umili e riverenti grazie che posso dei nuovi favori che ella s’è degnata di fare a mio fratello ed a me, e prego Dio che a noi dia forza di mostrar verso di lei la debita gratitudine; e che a lei conceda ogni grandezza e felicitá piú desiderabile, e per fine le bacio umilissimamente le mani.

Di Parigi, li 21 novembre 1619.

XLI

Ancora degli incidenti di Roma.

Dalle cose ch’io ho negoziato qua, credo che Vostra signoria illustrissima avrá potuto conoscere che non è mai stato in mio potere di far capaci questi ministri che il marchese di Couré abbia avuto colpa in quell’insulto della sua famiglia contro li sbirri, come né anche di fargli capaci che egli non procurasse allora tutte le sodisfazioni che si potevano desiderare da lui in risguardo del detto insulto, anzi che ne fosse ributtato con termini di disprezzo, come qui han sempre voluto mantenere. Di piú, non hanno mai voluto rendersi capaci che non fosse una cosa nuova ed insolita il far pigliar quel mastro essendo innocente, e che non sia stato un affronto publico fatto a questa corona il farlo pigliar nel modo che qui hanno presupposto. Hanno dunque pretesa una sodisfazione publica, ed hanno mostrato che si era offerta dall’istessa qualitá di Couré parimente coll’aver voluto mettere in mano