Pagina:Bentivoglio, Guido – Memorie e lettere, 1934 – BEIC 1753078.djvu/395

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lettere familiari 389


si fanno e quelle particolarmente alle quali m’obbliga l’impiego che qui sostengo per cotesta corona; e che finalmente per impossibilitarmi del tutto a farle si sono aggiunte le miserie d’Italia, e quelle in particolare della peste, dalle quali la mia casa ha ricevuto notabilissimi danni. A queste considerazioni potrei aggiungere molte altre gravissime per far vedere il torto, che mi si fa in non essermi pagata giá da si lungo tempo la mia pensione. Ma confesso che sopra ogni cosa mi sento affliggere in riguardo alla mia riputazione, che in tanti modi può restar offesa con un tal trattamento, e perché di giá io mi ritruovo in termine che per senso d’onore, e per necessitá d’interesse io non posso caminar piú a lungo in questa maniera, io vengo per ultimo offizio a supplicare umilissimamente Vostra Eminenza in questa lettera che voglia degnarsi d’impiegar la sua autoritá per modo che s’eseguiscan senz’altra dilazione le sue promesse. Io so che dalla suprema autoritá di Vostra Eminenza può venir solamente la sodisfazione che m’è dovuta. Al suo mezzo solo perciò con ogni maggior confidenza faccio ricorso, quando ben ella non m’avesse commandato, che lo facessi; e può ella ben credere in conseguenza che dalla sua mano sola io riceverò quell’effetto, ch’io sia per ricevere in cosí giusto mio desiderio. In tanto procurerò di nuovo insino alla primavera seguente di far violenza a me stesso ed alla strettezza de’ miei bisogni in trattenermi qui tuttavia. Nel qual tempo se per mia poca fortuna io non riceverò la sodisfazione, che per tanti rispetti si giustamente dovrei sperare, sin da ora supplico Vostra Eminenza d’impetrarmi perdono dal re, s’io mi vederò astretto a levarmi da questa corte, ed a ridurmi alla mia casa privatamente a Ferrara; e spero che non sará difficile l’impetrarmelo poiché in tal caso ognuno potrá conoscere ch’io non avrò abbandonato il suo real servizio per propria elezione, ma per mera necessitá. Confido nondimeno che Vostra Eminenza, la quale con le sue eroiche operazioni ha posta la Francia in grado tanto sublime di gloria, vorrá farla risplendere ancora in questo teatro di Roma, sicché i servitori del re s’abbino da vedere