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lettere familiari 397


San Germano e Monseò, sono i piú vicini a Parigi e dove la corte piú si trattiene; la qual subito gli converte in cittá, si grande è il numero della gente che d’ordinario seguita il re, e tanta quella che per occasioni straordinarie in ogni tempo e da ogni parte si tira dietro la corte. Io ne sono stato pur fuori questi sei giorni, e particolarmente fuor di Parigi, che col suo strepito vasto di tanto popolo e di tante carrozze e carrette qualche volta m’aggira gli occhi e mi stordisce l’orecchie. Mentre io godo questo riposo e questo silenzio, eccomi a rispondere alla lettera di Vostra signoria illustrissima, eccomi tutto con lei; e ben son tutto con lei, poiché le ho fatta parte cosí minuta di questa villa e di me medesimo in questo tempo che l’ho abitata. E ciò basti per ora di me e di cose private. Quanto alle publiche nostre d’Italia, veggo quel che Vostra signoria illustrissima ne scrive e quel che ne teme. Io nondimeno resto nelle mie speranze di prima, e confido che dopo un sí buon aggiustamento nelle cose di terra sia per cessare ancora ogni novitá in quelle di mare. Il che piaccia a Dio di far succedere quanto prima, e che la nostra Italia impari dalle miserie di questa guerra a goder tanto piú da qui inanzi le felicitá della pace. Noi qui ora viviamo in altissima quiete, ma quiete però di Francia, che non suole aver altro di certo che l’incertezza. Come il mare quando è piú tranquillo non è però men profondo né meno esposto al furore delle tempeste, cosí la Francia quando piú promette tranquillitá allora convien meno fidarsi di quel che promette. Ma intanto goderemo la presente bonaccia, e lasceremo alla divina providenza gli accidenti futuri. Gran perdita abbiamo fatta qui ora con la morte del signor Cardinal di Perrona! Era l’Agostino di Francia; era uno de’ maggiori ornamenti del nostro secolo; sapeva tutte le cose, e chi l’udiva in una scienza avrebbe stimato che non avesse fatto mai altro studio che in quella sola. Torno alla lettera di Vostra signoria illustrissima prima di finir questa mia. Veggo gli auguri ch’ella mi fa con l’andata di monsignor d’Amelia in Ispagna, e riconosco la solita sua parziale volontá verso le cose mie, che tanto fa lei ecceder nel desiderio