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446 nota


Il codice dell’«Ariosto» comprende quarantacinque lettere, delle quali quattro soltanto non sono del Bentivoglio ma a lui dirette, e di queste tre di carattere laudativo in occasione della pubblicazione della Storia del cardinale. Abbiamo chiamato famigliari queste lettere perché non furono scritte dal Bentivoglio come nunzio, o meglio, perché non sono o non appaiono scritte per obbligo derivante da carica ufficiale; e comunque lettere ufficiali non sono. Ma dalle pure lettere famigliari quali solitamente s’intendono, queste di cui parliamo si distinguono. Alcune sono scritte mentre il Bentivoglio è nunzio in Francia, cioè si trova in una carica tanto elevata che ogni suo atto ed espressione di pensiero dev’essere conforme e per nulla contrastante coi doveri dell’ufficio suo, di cui anzi egli deve aumentare il prestigio sempre piú; altre mentre egli è in Roma, cardinale comprotettore di Francia, e son dirette a personaggi francesi in condizioni eminentissime. Qualche lettera potrá sembrare piuttosto legata o frenata da convenienze e formalitá, qualche altra contenente sfoghi o semplici espressioni d’animo piú spontanei e meno studiati; è indubitato che tutte sono per noi tra gli scritti piú preziosi del Bentivoglio, anche per la fede che merita il codice che li contiene.

Le quattro lettere famigliari, che seguono, (a mons. Cornaro, al sig. Paolo Gualdo, al sig. cav. Marini, al sig. Muzio Ricerio) furono da noi prese dalla Raccolta di lettere scritte dal Cardinal Bentivoglio in tempo delle sue nunziature di Fiandra e di Francia, ristampate in Colonia l’anno 1631, edizione questa a cui abbiamo ritenuto di poterci attenere con piena fiducia.

E da essa abbiamo pure preso le tre lettere al duca di Monteleone. Queste ultime furono pubblicate anche in: Lettere del Cardinal Bentivoglio, con note grammaticali e analitiche di G. Biagioli, dapprima a Parigi, presso P. Didot seniore nel 1807 e nel 1819, e poi a Milano, per G. Silvestri, 1828; del resto, dice il Ginguené nella Biografia Universale che le lettere del Bentivoglio erano state tradotte in francese dal Veneroni, e spesso ristampate in Francia col testo italiano a fronte; ma il Biagioli non potè astenersi dal rendere piú moderna, o meglio ottocentesca la lingua del Bentivoglio; sono, quindi, le sue edizioni inferiori all’altra da noi seguita, e meno consigliabili.