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nota 447


V

Infine abbiamo tolto l’ultima serie di lettere «Dai carteggi domestici», dall’opera giá da noi citata a proposito delle Memorie, e cioè: G. Bentivoglio, Memorie, con correzioni e varianti dell’edizione di Amsterdam ecc. aggiuntevi cinquantotto lettere famigliari tratte dall’archivio del cav. Carlo Morbio, voll. 3, Milano, Daelli & C., 1864.

Queste ultime lettere non abbiamo voluto tralasciare perché in esse si presenta con un aspetto particolare la figura del Bentivoglio. Qui egli non è piú il diplomatico anche se è ancora l’aristocratico del seicento, ma piú che in altre lettere egli è, dirò cosi, semplicemente uomo. Spieghiamoci: le pubblichiamo non perché stimiamo anche semplicemente vicino al buon gusto il far sentire le sue ripetute lamentele per le angustie in cui si dibatteva, ma per la sinceritá e la spontaneitá di alcuni passi, specialmente, di queste lettere. V’è un certo contrasto di tono, in alcune, fra la parte essenziale, il corpo della lettera cioè, ed il poscritto: la lettera non è priva di frasi ricamate, ed anche se rimprovera, lo fa con finezza aristocratica; il poscritto fa l’effetto talvolta d’uno sfogo naturale spontaneo sincero, e finalmente si sente che è un fratello che parla al fratello, che tutto il buon senso naturale e l’intelligenza libera da ogni pastoia si manifestano associati all’affetto; che son parole prorompenti per esprimere tutta la forza d’un sentimento.

VI

Quale la fortuna delle opere del Bentivoglio? Non parliamo, s’intende, dell’opera sua maggiore, della Storia di Fiandra, ma delle Memorie e degli altri scritti che noi qui ripubblichiamo. Nessun dubbio che il primo aiuto, oltre le qualitá sue naturali d’ingegno e di carattere, per potersi lanciare allo splendore di una carriera insigne ed all’acquisto della fama, il Bentivoglio dovesse trovarlo nel prestigio del suo nome e nel passato illustre