Pagina:Berchet, Giovanni – Poesie, 1911 – BEIC 1754029.djvu/347

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POESIE GIOVANILI E TRADUZIONI fe’ piú acuta parer delle tue spade la disperata punta, e tutta attendi dalle lagrime tue la tua salute, dorme il fulmin di Dio? Colpe feroci, su ! raffrettate. All’un l’altro Visconte e lari e nozze e securtá d’esiglio contende, e nume e di straniera tomba fin la speranza. Chi protervo irrompe ne’ verecondi talami, e l’amata fra i teschi dei congiunti a morir tragge su fero palco. Infami spose il nappo dan di morte ai mariti. Empi fratelli pregan sul capo dei fratelli acerbe l’ ire tedesche. E di lor man la via a piú larga possanza, altri col ferro tentan notturni nel fianco fraterno. Mal abbia il di, che l’umil tua fortuna soccorrean di valor gl’ insubri petti, quando su te, maligna, ingrata stirpe ruggian di Piero i sdegni santi. Infauste armi, infausta vittoria, i generosi cercar: ché mentre da nemico insulto proteggeano i sepolcri e il patrio nome nel furor dei perigli, ai lor tiranni non vider, stolti ! che ponean piú fermo il seggio, e Ponte si nodrian venture. Mesci i negri destin, l’anno, la notte; mesci l’ora, il momento in cui, scendendo nell’ ira sua lo spirto dell’ Eterno, visiterá l’ iniquo, e a lui dal pugno torrá i flagelli e la bipenne. Astuto mentitor vile, a che dei savi ingegni lusinghi or le dimore? A che la gioia del canto invochi ai tuoi conviti? I gemiti dei straziati e i ferali urli e le angosce, ecco le gioie tue. Queste pur sole medita il ferreo cor. Sbramati dunque, su, su! qual sei tutto ti mostra. Oh quante teste proscritte! Oh nuove arti di regno! Per venti e venti giorni il sol rimira