Pagina:Berchet, Giovanni – Poesie, 1911 – BEIC 1754029.djvu/353

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Allor tutta peria lungo i ruscelli la fraganza del timo, allor sul caro morto amaraco, il capo impallidito 350 declinando, la menta a’ suoi vicini fati mesta cedea Pultime foglie, e di salubri effluvi in su la sera non ristorava piú la villanella. E giá l’aere d’umor putrido empiendo, 355 instancabil struggea l’erbe e le messi; struggea gli armenti, corrompea le fonti, e i bei lavacri inaridia dei fiumi. Né solamente dell’amata greggia vuoti gli ovili lacrimò il pastore; 360 ché deplorando le fraterne esequie, anco i figli vedeva, anGO la sposa cadérgli innanzi d’immatura morte. Ma piú nella cittá, contaminata d’insepolti cadaveri, fervea 365 l’inclemenza del morbo. A torme, a torme negli atrii miserandi e per le case, e fin l’antica maestá dei templi obliata, languian lungo gli altari dome le genti: e inerti gli occhi e sparse 370 d’atro pallor, stillavan sangue e tabe dalle impure narici; indi affannose, per le fauci riarse grave il fiato esalando, perdean la cara vita.