Pagina:Berchet, Giovanni – Scritti critici e letterari, 1912 – BEIC 1754878.djvu/207

Da Wikisource.

XXII. QUADRO STORICO DELLA POESIA CASTIGLIANA 209

della sua vasta memoria, non l’arguzia delle sue allegorie, non la magistrale ripetizione delle sentenze rubate di peso al catechismo.

Del resto, alcune brevi canzoncine del Santillana fanno fede ch’egli avesse un cuore non del tutto prosaico. È un peccato dunque ch’egli non intendesse il vero bello dell’antica poesia nazionale spagnuola. È un peccato ch’egli non si desse a nobilitarla, secondando industriosamente la tendenza eh ’essa aveva spiegato ne’ Romanzi del Cid e in tanti altri romanzi e canti popolari; tendenza che muoveva, senza mistura di frivolezze scolastiche, dall’indole della civilizzazione arabo-ispana, e principalmente da uno squisito sentimento delle glorie e delle sventure della patria, da un culto tributato all’onore come ad una religione. Ma purtroppo le cattive scuole fanno contrarre cattive abitudini anche agli ingegni singolari ! E che altre abitudini potevano mai insegnare coloro che tutto guastavano, finanche la semplice idea del Dio a cui professavano di servire?

Che se il Santillana non avesse sdegnato di uniformarsi all’ indole ed allo spirito di que’ romanzi, gli sarebbe riuscito di dare una veste piú poetica all’intendimento patriottico, col quale scrisse El doctrinal de privados. Ove non sia una compiacenza estetica, è almeno una compiacenza morale il vedere introdotta in quel poemetto l’ombra di don Alvaro de Luna a raccontare le proprie colpe e le proprie sciagure, onde l’esempio della trista sua fine (era don Alvaro il favorito del re Giovanni secondo) servisse ad atterrire e stornare dalle discordie civili i castigliani.

Se non che, questa lode è un nulla a paragone dell’altra, che è meritata dal marchese di Santillana per una virtú piú rara e piú cospicua della virtú letteraria; e davvero sarebbe scortesia il non accennarla. Si perdonano volentieri al verseggiatore tutti i traviamenti, allorché si pensa ch’egli visse in corte, e non adulò; che fu amico d’un re, e gli rinfacciò il mal governo; e che, da onest’uomo, abbandonò l’ospizio regio ogni volta che lo starvi non giovava alla patria. Ci sia condonato Tesserci fermati piú che non avremmo voluto sul discorso di lui : pareva conveniente il far conoscere un uomo il di cui nome splende illustre nella storia civile di Spagna.

G. Berchet, Opere - 11.

14