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piccolo. Esso è di forma ovale, rinserrato fra le roccia dalla parte sinistra, con un po’ di riva dalla parte destra. Seguitando questa riva, dopo un quarto d’ora si arriva al secondo lago, che ha cinquecento metri di larghezza, per altrettanti di lunghezza. Lo rinserrano a destra le roccie bianche della Pietra Quadra, nel fondo il monte Corte, a sinistra il Farno turrito. Qui sopra un dosso che guarda il lago, sono due baite unite; a sinistra, dietro un altro dosso intorno al quale è molta genziana, un’altra baita; ed un’ultima baita nel fondo, a sinistra del lago. Altre baite furono ora costruite a destra, più in alto, al piede della Pietra Quadra.

Per continuare per Gromo bisogna ritornare alla foce del primo lago, passare all’altra riva e salire il piccolo dosso che vi si trova.

Qui c’è una baita e al di là della baita si vede una valle che si innalza verso mattina. È lungo la destra di questa valle che si deve salire. In poco tempo si è alla foce del lago Colombo (m. 2027) che ha la figura di una pera allungata. Invece di seguire il sentiero occorre scavalcare la foce e passare sulla riva sinitra, in fine alla quale si trova una baita.

Dalla baita si gira nella valletta salendo verso N., poi la valle si volge larga verso mattina in comoda salita. Questa è quella da seguire per raggiungere il Passo.

La via sale dal lago Colombo e giunge al primo Passo, ove si trova anche l’omino ossia una piramide di pietre sovrapposte, sopra alcuna delle quali molti scrivono il proprio nome.

Scavalcato il primo dosso, da sera a mattina, si presenta la valle de’ Frati, scoscesa fatta di pietre franate: in fondo, giù al basso, si vede il Laghetto Val de’ Frati, scendendo al quale, si può passare al Lago Cabianca; passaggio cattivissimo e pericoloso dove nessuno ha tracciato un sentiero.

Per scendere nel piano d’Aviasco, bisogna scavalcare l’altro dosso del Valrossa. Se c’è molta neve in cima alla valle dove i due monti si riuniscono si può passare sopra questa da un dosso all’altro; diversamente conviene scendere nella valle fino a che non ci sia pericolo di sdrucciolare lungo le pietre franose, e risalire poi al secondo Passo (m. 2317). Da qui, subito sotto come a perpendicolo, si vede il Piano d’Aviasco. La discesa si fa da una specie di angolo a fratture di roccia e frammezzo alle rotture ed alle sporgenze sta il sentiero, che non presenta però alcun pericolo; il Piano è a m. 2051, e però sono m. 266 di ripida discesa.

Il piano d’Aviasco è chiuso tutt’intorno, a S. e a N., da un prolungamento del Farno, a O., da un ramo del Valrossa; a E. ha lo sbocco: a metà del Piano sta una baita, e all’estremità il Laghetto.

Attraversato tutto il Piano e giunti al Laghetto, bisogna girar questo sulla sua sponda destra (la foce resta a sinistra) e, passati dall’altra parte, si trova subito il sentiero mulattiero da seguire frammezzo a roccie. Dopo un buon tratto di strada si scorge, in basso a sinistra, il Lago Nero: seguitando il sentiero si trova sulla destra, una baita in muratura, detta baita Canali. Dopo questa si presentano parecchi dossi frammezzo alle cui vallette è difficile scorgere il sentiero perchè coperto dall’erba. Bisogna quindi tenere presente che la discesa si fa vicino alla roccia, che si innalza e si prolunga a sinistra verso mattina, e che bisogna scegliere sempre le vallette che tendono più ad avvicinarsi a cotesta roccia: presto allora si incontra una specie di scala per la quale si scende al Piano, dove sta la baita di Agnone, (m. 1691) che si vede in lontananza nel Piano alla sinistra.

Dalla baita, due vie scendono a Valgoglio e quindi a Gromo.

L’una scende per la valle che sta in faccia alla baita, un po’ sulla destra. Giunti in fondo della valle, nella quale scorre poca