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186 | predica trigesimasesta |
minci da le vanità, e cominci dal capo, e vai in giù a piei: tu capitarai male in ogni luogo; se’ pieno di vanità in capo, in dosso e in piè: ogni cosa se’ vanità. Io ho pur fede che se non tutti, almeno parte s’asterranno da molte vanità, e quello che non se ne tira addietro, aspetti, aspetti che casa calda il disidera. Dove cominciaremo a dire? Cominciaremo dal capo o da busto o dal piè? Non dal capo, però che sarebbe un poco tedioso. Udisti mai come il capo de la gatta è tanto malagevole a scorticare? Cominciaremo da’ vestimenti corporali, che so’ di grandissima vanità e di grande peccato mortale. Vuoi tu vedere quanto è mala cosa? Or intendelo e imparalo. Io ti vo’ mostrare dieci offensìoni Dio, tutte per cagione de’ vestimenti. Tòllegli a cinque a cinque. Tòlle il primo.
Primo segno, ti dico, è vanità.
Sicondo è varietà.
Terzo, suavità.
Quarto, preziosità.
Quinto, iniquità. Hai le prime cinque.
Piglia l’altre cinque.
La prima è superfluità.
Siconda è curiosità.
Terza, novità.
Quarta, malignità.
Quinta e ultima, dannosità.
Attendete, giovane, se volete imparare, e anco a voi madri, egualmente a tutti voi, acciò che voi sappiate astenervi da’ pecati.
Primo è vanità; ed è vanità quando tu porti quel che non apartiene a te. El mercatante che porta la giornea, quella è offensione di Dio. Se fusse uno soldato virile,