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LA TESTA DELLA VIPERA 137

suo orologio, per accertarsi che quel suono di campana non lo ingannava; prese e intascò una rivoltella, e uscì con passo guardingo, ma fermo. Giunse alla porta, della villetta, e con mano sicura pose la chiave nella toppa. L’uscio si aprì.

Emilio entrò pianamente; era così pratico del luogo, che non ebbe mestieri di accendere lume per passare l’andito, salire le scale, percorrere il corridoio e arrivare all’uscio della camera in cui dormiva Matilde.

Pensava:

— Purchè non la si sia chiusa dentro a chiave! Ma l’avesse anche fatto, poco importa: con una spalla faccio saltare la serratura: il rumore non può svegliare che lei... Ed entrato ch’io sia!...

Prima di mettere la mano sulla gruccia di quella serratura, si fermò un momento: poi piano piano tentò la serratura; questa non era chiusa che con una mandata della stanghetta a scatto; girando la maniglia Emilio l’aprì; cacciò dentro la testa; tutta era bujo e silenzio; egli entrò.

XV.

Lisa non s’era acchetata. Mentre Battista badava a far correre il cavallo con ripetute frustate, la fanciulla veniva tempestando il compagno di domande, di supposizioni, di preghiere.

La sua accortezza di donna le aveva fatto capire le intenzioni del Lograve. Era la signora