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46 | LA TESTA DELLA VIPERA |
Il giovane la guardò freddamente.
— Nè io, nè altri ha mezzo da soccorrerlo... Non c’è nulla da fare.
— Come, nulla da fare?... Credi che il male passerà da sè?
— No; credo che non passerà più.
— Non passerà più?... Vuoi dire?...
— Ch’egli è condannato.
— E lo dici con quella calma!... Ma gli è che non sai quello che dici... Sei un ignorantaccio con tutto il tuo studio... Io, sì, io so quello che gli farà bene.
E sollecita andò ad un armadio e ne tolse una bottiglia di rum.
— Gli volete dare di quella roba?
— Sì, un bicchierino lo rinvigorirà... L’ho già visto altre volte.
Emilio crollò le spalle e la lasciò fare.
Marianna, riempito a mezzo un bicchierino di quel liquore, sollevò il capo del giacente col braccio sinistro e mettendogli colla mano destra il bicchierino alle labbra, gli disse con tono di incoraggiamento e di preghiera:
— Suvvia, sor Lorenzo, beva questo... Le farà bene... Le ha fatto sempre bene!
E si adoperò a mandargli giù in gola il rum.
Lorenzo diede uno scossone, mandò un grugnito, fece un moto convulso come per respingere da sè qualche cosa che lo soffocasse, e giacque più inerte di prima.
Allora Marianna cominciò a persuadersi che il caso era più serio di quel che avesse creduto.