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LA TESTA DELLA VIPERA 59

Nella vita mondana ha pur luogo una lotta nella quale colui che ha la debolezza della pecora è divorato dal lupo, che è il dileggio, il ridicolo e il disprezzo. Preferirebbe lei, caro padrino, di vedermi il bersaglio dei motti arguti dei bellimbusti, pascolo alla malignità delle signore? Quando sarà bene accertato, ben conosciuto da tutti, che un epigramma sulla mia trista figura, o sulla fama di mio nonno, o sulla vita di mio padre, frutta una buona palla di pistola, o due dita di lama in qualche parte del corpo, io sarò sicuro di poter presentare la mia brutta faccia in mezzo alle più belle signore, ai crocchî più eleganti, senza ch’essa susciti pure una smorfia... Quanto a Cesare, egli fa anzi tutto opera da buon amico e da buon parente, assistendomi, mi presta un gran servizio curando coi più delicati riguardi l’interesse del mio onore, e può inoltre, con prudenti avvisi, concorrere a rendere meno gravi le conseguenze delle sfide che mi sono fatte: perchè, badi bene, caro padrino, che, salvo casi rarissimi, sono sempre stato io lo sfidato dai miei avversarî.

Ed era il vero; ma era il vero altresì che quando Emilio Lograve voleva cimentarsi con qualcheduno, sapeva così accortamente provocarlo, tormentarlo, inasprirlo, che per finirla onorevolmente quell’altro credevasi obbligato a chiamare il suo persecutore sul terreno.

Il signor Danzàno opponeva che quei duelli erano già stati omai tanti da bastare all’uopo che Emilio diceva; e, quanto all’intervento di